Analisi delle preferenze dopo elezioni, voto di appartenenza non c’è più


Analisi delle preferenze dopo elezioni, voto di appartenenza non c’è più

“Le elezioni europee hanno sconvolto il panorama politico della nostra regione, molto più di quanto avvenuto in altre regioni italiane. Il voto di appartenenza non c’è più: è calata radicalmente la fedeltà al proprio partito politico. Nello stesso giorno, a distanza di qualche secondo, un elettore vota a sinistra per le europee e a destra per le comunali oppure viceversa.

Il confronto tra le politiche del 2018 e le europee di quest’anno rivela una enorme mobilità. Si potrebbe definire un elettorato più libero e più maturo”: sono alcune delle considerazioni fatte dal professor Bruno Bracalente dell’Università di Perugia sull’analisi dei flussi elettorali in Umbria, lo studio presentato stamani a Palazzo Cesaroni, condotto con il software messo a punto dal professor Antonio Forcina e con la collaborazione di Nicola Falocci e Brunello Castellani del Servizio studi e valutazione delle politiche dell’Assemblea legislativa dell’Umbria.

“Le oscillazioni che hanno interessato i principali partiti e movimenti – ha spiegato Bracalente – sono di entità senza precedenti: il PD, che alle Europee del 2014 aveva avuto uno straordinario successo, ha perso 120mila voti in cinque anni e quasi 20mila anche rispetto alle Politiche del 2018; Il M5S ha più che dimezzato i propri voti rispetto alle Politiche di un anno fa, perdendone 75 mila; lo stesso ha fatto Forza Italia, che in un anno è passata da 60 mila a 29 mila voti; la Lega, che alle Europee del 2014 aveva ottenuto 12 mila voti è passata a 103 mila alle Politiche del 2018, fino a raggiungere i 171 mila voti in queste elezioni europee; stabile la sinistra radicale, intorno ai 25 mila voti, mentre sia la destra di Fratelli d’Italia che le altre liste di centro destra o estrema destra sono in decisa crescita, dai 25 mila voti del 2014 ai 38 mila di queste elezioni europee”: sono le considerazioni iniziali e basilari.



L’ANALISI E I DATI

Nel confronto tra le Politiche 2018 e le Europee 2019, emerge lo straordinario successo della LEGA, passata da 103 mila a 177 mila voti, che è stato determinato, oltre che dalla conferma di quasi tutti i suoi consensi delle Politiche precedenti, da flussi in entrata da tutti i settori dello schieramento politico. In primo luogo dal M5S, che ha ceduto alla Lega oltre il 16 per cento dei suoi 141 mila voti ottenuti nel 2018 (circa 24 mila). Il secondo flusso in entrata per consistenza assoluta è quello di provenienza PD, che ha ceduto alla Lega circa 21 mila voti, il 16 per cento dei 127mila voti ottenuti nel 2018. Molto consistente è anche il flusso di provenienza FI, che ha ceduto alla Lega oltre un quarto dei suoi 60mila voti (17mila). Altri flussi provengono da FdI e dalle altre liste di destra (in complesso circa 7mila) e, in misura notevole, dal non voto del 2018 (circa 11mila).

Il PD ha mantenuto quasi il 90 per cento dei propri voti del 2018. I principali flussi in uscita sono andati al non voto (oltre 16mila voti assoluti, 13 per cento dei propri voti del 2018) e alla Lega (21mila voti, 16 per cento), mentre è stato a è stato modesto il deflusso verso il M5S (2mila voti). In entrata il flusso principale proviene dalle liste di sinistra, che complessivamente hanno ceduto al PD il 23 per cento dei propri voti del 2018 (oltre 6 mila).

Anche le altre liste di Centro sinistra gli hanno ceduto il 23 per cento dei loro voti (3 mila) e, come la Lega, ha recuperato una parte dell’astensionismo del 2018: circa il 3 per cento, pari a 5 mila voti. A differenza della Lega, il PD ha invece intercettato poco il consistente flusso in uscita dal M5S (3 mila voti). Il saldo dei flussi in entrata e in uscita è negativo per oltre 20 mila voti. Il dimezzamento dei voti del M5S è stato determinato in primo luogo dall’astensionismo: il flusso verso il non voto ha infatti riguardato ben il 37 per cento dei propri elettori del 2018 (oltre 50 mila).

Ha inoltre pesato il già ricordato flusso verso la Lega (24 mila voti), mentre sono stati limitati i flussi verso il PD e le liste di sinistra (circa 3 mila voti ciascuno). In entrata piccoli flussi di provenienza da entrambi i lati dello schieramento politico e uno un po’ più consistente dal non voto delle Politiche (circa 6 mila voti). Il dimezzamento dei voti di FORZA ITALIA deriva principalmente dal flusso verso la Lega a cui ne ha ceduti 17 mila, pari a circa il 28 per cento di quanti ne aveva ottenuti un anno fa.

Ne ha poi ceduti 15 mila al non voto e quasi 4 mila a FdI, in parte compensati da un flusso in entrata dal medesimo partito; in entrata anche altri piccoli flussi di varia provenienza e dal non voto del 2018. Tale le altre liste quella che ha ottenuto il migliore risultato è FRATELLI D’ITALIA, che ha acquisito voti da Forza Italia e dalla Lega (circa 3mila voti da ognuno), dal M5S (meno di 2 mila) e anche dal non voto del 2018 (altri 3mila voti); ne ha a sua volta ceduto in diverse direzioni, in particolare alla Lega (3/4mila). Le altre liste di destra e centro destra hanno avuto flussi in entrata provenienti da diverse liste, anche di centro sinistra, ma sempre molto limitati.

La Sinistra ha invece ceduto molti voti al Pd (6 mila, quasi un quarto dei propri voti del 2018) e in parte al non voto (4 mila), acquisendone quasi altrettanti in particolare dal M5S e dal non voto del 2018. Più Europa ha beneficiato di flussi in entrata dalle liste di centro sinistra e in piccola parte anche dal non voto.

Dalle Politiche 2018 alle Europee 2019 il complesso delle astensioni in senso lato (elettori che non si sono recati ai seggi o che hanno espresso voto nullo o hanno lasciato la scheda bianca) è aumentato di circa 73 mila (da 165 mila a 238 mila), i partiti più penalizzati dal fenomeno, ovvero quelli che hanno subito le più consistenti differenze negative tra i flussi in uscita verso il non voto e flussi in entrata dal non voto delle elezioni precedenti, sono il M5S (47 mila) e poi FI (14 mila) e il PD (12 mila). Altre liste hanno invece avuto un limitato saldo positivo.

CONFRONTO TRA EUROPEE 2014 E 2019
La Lega Nord nel 2004 aveva meno di 12 mila voti, oltre la metà dispersi in varie direzioni. I 171 mila voti delle Europee del 2019 sono dunque quasi tutti nuovi e derivano da tre flussi in uscita da altri partiti e movimenti, a cui si aggiunge un flusso consistente dal non voto. In valore assoluto, il flusso più consistente viene dal PD, che alla Lega ha ceduto oltre il 30 per cento dei suoi 228 mila voti del 2014 (circa 71 mila); seguono i flussi provenienti da FI (37 mila, oltre la metà dei propri voti delle Europee precedenti) e dal M5S (18 mila; 20 per cento); infine circa 32 mila voti ha saputo recuperarli dall’astensionismo del 2014, due terzi dei 50mila astenuti di allora tornati a votare in queste ultime Europee.

La Lega è dunque diventata, da poco più di zero, il primo partito della regione pescando consensi da molti elettori che si erano allontanati dalla politica e dal voto e da una estesa massa di elettori scontenti soprattutto dei partiti tradizionali, tanto di centro sinistra (PD) quanto di centro destra (Forza Italia), nonché di soggetti politici nuovi come il M5S. Come si è disperso il successo del Pd del 2014: oltre ai 71 mila voti ceduti alla Lega, la diminuzione di circa 120 mila voti in cinque anni che ha subito il PD (che ha mantenuto soltanto il 40 per cento dei propri consensi del 2014) è stata determinata da altri due principali flussi in uscita: verso il non voto (29 mila) e verso il M5S (21 mila).

D’altra parte, in queste Europee il PD è riuscito a recuperare poco a sinistra (7 mila in entrata, ma 5 mila in uscita), poco anche dall’astensione delle Europee precedenti (5 mila voti) e nulla dal M5S a cui aveva in passato ceduto molti consensi. M5S: il Movimento ha mantenuto soltanto la metà dei 90 mila voti del 2014 e ha ceduto gran parte degli altri alla Lega (18 mila) e al non voto (17 mila), a cui si sono aggiunti piccoli flussi in uscita sia verso il centro sinistra che verso il centro destra (in tutto altri 10 mila voti).

In entrata ha beneficiato soltanto del nuovo flusso di provenienza PD (21 mila), dopo quello molto rilevante delle Politiche del 2013 (in parte riassorbito alle Europee del 2014). È tuttavia il consistente flusso in uscita verso la Lega ad assumere il principale significato politico perché dimostra che, per molti degli elettori scontenti che aveva attratto in passato, il M5S non ha costituito un approdo definitivo, ma un passaggio intermedio e provvisorio.

FORZA ITALIA: dei 67 mila elettori del 2014 Forza Italia ne ha mantenuti meno di un quarto e ha ceduto gran parte degli altri alla Lega: 37 mila voti, ovvero il 56 per cento dei propri elettori delle Europee precedenti. Altre quote del consenso precedente si sono inoltre trasformate in non voto (5 mila) o sono state cedute a Fratelli d’Italia (2 mila) e al PD (4/5mila). In entrata FI è tuttavia riuscita a intercettare qualche flusso da diverse direzioni: soprattutto dal non voto del 2014 (4 mila), dagli ex elettori della Lega Nord, dal Centro nel frattempo scomparso, dal M5S e anche dal PD.

ELEZIONI COMUNALI

PERUGIA: dopo la vittoria a sorpresa al ballottaggio del 2014, in queste elezioni amministrative lo schieramento di CENTRODESTRA ha ampliato il proprio consenso, vincendo con ampio margine al primo turno, anche per effetto di comportamenti di voto molto differenziati tra elezioni europee e contestuali elezioni comunali, come peraltro era già avvenuto, in forme diverse, alle amministrative precedenti. Nel centro destra le liste civiche a sostegno del candidato sindaco Romizi hanno attratto circa un terzo degli elettori delle Europee di tutte le liste di questo schieramento politico.

Più in dettaglio, tra le liste di partito di centro destra quella che alle Comunali mantiene la più alta percentuale di voti ottenuti alle Europee è Fratelli d’Italia (64 per cento), che cede alle liste civiche del medesimo schieramento politico il restante 36 per cento. Forza Italia mantiene soltanto il 55 per cento del voto europeo, cede il 34 per cento alle liste civiche e quasi il 10 per cento alla Lega. La Lega mantiene soltanto il 45 per cento e cede il 35 per cento alle liste civiche (quasi 10 mila voti), il 16 per cento a Fratelli d’Italia e il 2.5 per cento al PD. Quest’ultimo rivolo verso il PD (meno di mille voti) segnala che una piccola parte di elettori di sinistra che ha votato Lega alle Europee ha continuato a sostenere il centro sinistra alle elezioni comunali.

Nel CENTRO SINISTRA lo schema del voto differenziato è più articolato. Vi assume infatti un peso molto maggiore sia l’astensione che il voto alle liste civiche dello schieramento opposto, come già avvenuto nella tornata amministrativa precedente. Più in dettaglio, il PD mantiene il 60 per cento dei propri voti delle Europee e cede il 26 per cento alle liste alleate, tra cui quella del candidato sindaco Giubilei, ma cede anche il 10 per cento alle liste civiche di centro destra (oltre duemila voti). Gli elettori M5S delle Europee hanno confermato il proprio voto al Movimento anche alle Comunali nel 60 per cento dei casi, mentre per il resto hanno scelto prevalentemente il centro destra, soprattutto le liste civiche (18 per cento), ma anche Forza Italia (9 per cento) e Fratelli d’Italia (7 per cento), per un totale di oltre 4 mila voti. Un piccolo flusso si è invece diretto verso le liste alleate del PD (4 per cento, circa 500 voti).

LE DIFFERENZE DI VOTO TRA AREA URBANA E FRAZIONI (PERUGIA)Alle ultime Europee soltanto Lega e M5S hanno avuto percentuali maggiori nelle frazioni rispetto all’area urbana, confermando quanto avvenuto alle Politiche del 2018, mentre tutte le altre liste hanno avuto consensi maggiori nell’area urbana. Alle elezioni comunali il quadro in gran parte si conferma, mentre cambia significativamente per il PD, che torna a ottenere più consensi nelle frazioni (18.4 per cento contro il 15.6 per cento dell’area urbana). Verosimilmente perché le liste alleate del PD, in particolare la civica del candidato sindaco Giubilei, gli hanno sottratto voti soprattutto nell’area urbana. Peraltro anche FdI alle Comunali ha più consensi nelle frazioni, il che si spiega, di nuovo, con la maggiore attrattività delle liste civiche nell’area urbana.

FOLIGNO (BALLOTTAGGIO) Il candidato del Centro destra Zuccarini ha vinto perché ha mantenuto oltre il 92 per cento dei voti del primo turno e perché, rispetto al candidato del Centro sinistra Pizzoni, ha attratto molti più elettori da tutti i quattro candidati esclusi dal ballottaggio (2300 contro 1100, mentre 1700 si sono astenuti). In particolare i 3500 elettori che al primo turno avevano scelto il candidato del M5S Fantauzzi al ballottaggio hanno votato per il 36 per cento Zuccarini e per il 29 per cento Pizzoni (il restante 34 per cento non ha votato). I restanti circa 1600 elettori dei candidati che hanno ottenuto meno voti hanno scelto in larga prevalenza il candidato del centrodestra (o l’astensione, in particolare gli elettori di Stefanucci) e solo in piccola parte il candidato del centrosinistra (il 16 per cento degli elettori di Trombettoni). Nel turno di ballottaggio Zuccarini ha peraltro riportato al voto anche una piccola parte di elettori che non avevano votato al primo turno e ha pagato molto meno di Pizzoni l’astensione dei propri elettori dal voto al secondo turno.

GUBBIO (BALLOTTAGGIO) La vittoria di Stirati, sindaco uscente di centrosinistra, si spiega essenzialmente con la capacità di mantenere oltre il 90 per cento dei voti del primo turno – che gli avevano assicurato un margine piuttosto ampio – mentre la capacità di attrarre gli oltre 7 mila voti dei candidati esclusi dal ballottaggio è stata modesta per entrambi (1800 Stirati, 1700 Presciutti Cinti), poiché oltre la metà di essi al ballottaggio si è tramutata in astensione. In particolare sono andati a Stirati quasi la metà dei oltre 2140 voti andati a Goracci (contro il 32% che è andato a Presciutti Cinti) e il 35 per cento dei 1321 voti ottenuti dal candidato del PD Cardile (contro nessun voto andato al candidato del Centro destra e quasi due terzi di astensioni). Gli elettori di Rughi, candidato del M5S, che hanno votato al ballottaggio sono stati meno della metà rispetto al primo turno e hanno premiato largamente il candidato del Centro destra: quasi il 40 per cento dei 2100 elettori del primo turno (circa 800), contro l’8 per cento al candidato del Centro sinistra (meno di 200). Infine, Stirati è anche riuscito a riportare al voto circa il 4 per cento degli astenuti del primo turno

ORVIETO (BALLOTTAGGIO) Anche nel caso di Orvieto la minore partecipazione al voto rispetto al primo turno ha riguardato quasi esclusivamente gli elettori dei candidati esclusi dal ballottaggio, che hanno disertato le urne con percentuali comprese tra il 26 per cento (elettori di Barbabella) e il 45/46 per cento (elettori di Rosati e Panzetta), mentre tra gli elettori dei due candidati ammessi al ballottaggio soltanto il 5/6 per cento ha disertato le urne. I fattori della vittoria della candidata di Centro destra Tardani invece in parte differiscono, soprattutto perché è stata minore la capacità di acquisire i voti degli elettori dei candidati esclusi dal ballottaggio, che sono andati prevalentemente al candidato del Centro sinistra Germani (in complesso, 1100 contro 800 andati a Tardani).

Nella nota redatta dal Centro studi, valutazione e organizzazione dell’Assemblea legislativa (a cura di Brunello Castellani) si rileva che la Lega registra in Umbria, con il 38,18%, il quarto miglior risultato italiano (Veneto 49,88%, Lombardia 43,38%, Friuli V. G. 42,56%, Italia 34,33%), risultato che le consente di essere primo partito in 87 comuni su 92.

Il PD ottiene in Umbria il 23,98%, un punto sopra la media nazionale, al di sotto di Toscana (33,31%), Emilia Romagna (31,24%) e Liguria (24,94%), in sostanziale parità con Piemonte (23,94%), Lazio (23,79%) e Lombardia (23,08%). Il M5S con il 14,63% si colloca sotto la media nazionale (17,07%), tra il dato dell’Italia Centrale (15,95%) e quello dell’Italia Nord-Occidentale (11,12%).

Restando alle forze maggiori, la fotografia del comportamento elettorale degli umbri, nelle elezioni europee 2019, è assimilabile alle regioni del nord e non più all’area storicamente definita “Regioni rosse” più vicina al Piemonte (Lega 37,14%, PD 23,94%, M5S 13,26%). Rispetto alla Circoscrizione dell’Italia Centrale, in Umbria la Lega registra cinque punti in più, il PD tre punti in meno e il M5S un punto in meno. Le sole Marche hanno dati simili alla nostra regione (Lega 37,98%, PD 22,26%, M5S 18,43%).

Altro dato caratterizzante il risultato umbro è il mutato rapporto di forza tra Forza Italia (politiche 11,22%, europee 6,42%) e Fratelli D’Italia (politiche 4,92%, europee 6,58%). Nel complesso, gli elettori umbri hanno espresso un orientamento favorevole al centrodestra sia nel voto europeo che in quello amministrativo, anche nei centri più grandi, con una tendenza che, almeno in parte, diverge da quella nazionale. Tuttavia non mancano realtà nelle quali il risultato delle amministrative registra un segno diverso da quello emerso nel voto europeo.

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