La famiglia Secci dona un’opera di Guttuso alla città di Terni

L’acquerello su di un cartoncino bianco delle dimensioni di 29×40 cm riproduce insieme i tre elementi base: terra, acqua, aria

La famiglia Secci dona un’opera di Guttuso alla città di Terni TERNI Da oggi la Pinacoteca di Terni può contare su una nuova opera d’arte dal grande valore. Lidia Secci, moglie di Torquato e madre di Sandro e Sergio ha deciso di donare il disegno a colori su carta realizzato nel 1970 da Renato Guttuso come bozzetto della vetrata per la cappella di famiglia che si trova presso il cimitero di Terni e nella quale è sepolto il figlio Sergio morto nella strage alla stazione di Bologna del 1980.

Sergio Secci, pur nella sua breve vita, interrotta a soli 24 anni, è stato un intellettuale vivace, particolarmente appassionato di teatro, ma sempre attento anche a tutte le espressioni dell’arte e della cultura in generale.

Nella sala dell’orologio del Caos si è svolta la conferenza stampa alla quale ha preso parte anche Lidia Secci che ha spiegato il motivo del gesto “Ho semplicemente attuato quello che è stato per anni un desiderio di mio marito – ha detto la donna – lui ha sempre voluto che quest’opera fosse pubblica, che tutti potessero vederla”.

L’acquerello su di un cartoncino bianco delle dimensioni di 29×40 cm riproduce insieme i tre elementi base: terra, acqua, aria. Dalla terra spunta un bocciolo bianco di rosa, solo, in mezzo a grosse zolle marroni, davanti a un infrangersi di onde azzurre marine. In alto, fra bianche nuvole sospinte dal vento, tre colombe bianche volano in diverse direzioni.

Alla presentazione del disegno sono intervenuti anche Marica Mercalli Soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, Fabio Carapezza Guttuso, Prefetto Responsabile dell’Unità di Crisi Nazionale MIBACT e il sindaco Leopoldo Di Girolamo “E’ un gesto di grande generosità – ha affermato il primo cittadino – in un posto dove comunque abbiamo il teatro cittadino intitolato a Sergio e quindi per noi vale moltissimo per questo al di la del puro valore veniale che ha l’opera stessa”.

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