Spaccio di droga, operazione della polizia di Perugia, la dichiarazione del questore

"Non ci sono quartieri della città fuori controllo" ha detto il questore Francesco Messina

Spaccio di droga, operazione della polizia di Perugia, la dichiarazione del questore PERUGIA – Un gruppo di maghrebini sono stati arrestati dagli agenti della Questura di Perugia nell’ambito di un’inchiesta antidroga. Dieci persone dietro le sbarre: 8 fermi, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, un arresto. Si tratta di otto tunisini, un marocchino e un libico. Per il marocchino che si trovava già in carcere è stata emessa un’altra ordinanza di custodia cautelare. Il libico, invece, è attualmente ricercato.
Nel corso dell’operazione è stato individuato anche un altro extracomunitario, estraneo allo spaccio ma risultato già espulso come misura alternativa alla detenzione e rientrato illegalmente in Italia
Lo spaccio – è stato detto in conferenza stampa sia dal Questore Francesco Messina, sia dal Vice Questore Aggiunto Marco Chiacchiera – avveniva in aree cittadine storicamente caratterizzate da questo genere di reati. I tunisini provengono da un ricco quartiere della capitale di quel Paese e perciò sono stati definiti i “pariolini di Tunisi”.

“L’indagine – ha spiegato il questore – non ha riguardato Fontivegge, ma la zona del parco di Santa Margherita, il centro storico di Perugia, e una zona prossima al liceo Galileo Galilei, realtà frequenta da studenti e sulla quale la soglia di attenzione è più alta”.

“Non ci sono quartieri della città fuori controllo” ha detto il questore Francesco Messina. “Fin quando ci sarà domanda – ha aggiunto – risponderà l’offerta e spetta a noi il compito di fare gli ”spazzini” in una realtà in cui, in ogni modo, i reati sono in calo rispetto agli anni precedenti. In questa fase il nostro compito consiste anche nell’approfondire i rapporti di questi spacciatori maghrebini con ambienti particolari”.

Questi soggetti – è emerso dalle indagini – avevano sviluppato attività di spaccio massivo di eroina e cocaina, già risalente al 2012. Gli arrestati avevano una capacità organizzativa nei confronti dell’acquirente. Un marchio di fabbrica, così definito dal gip, consentiva di fidelizzare i clienti e di avere sempre un riferimento costante. I pusher intrattenevano rapporti costanti con gli assuntori mediante telefonate. Sono state accertate una trentina di cessioni ogni giorno. La droga di buona qualità aveva dei prezzi che andavano da 40 ai 50 euro a dose.

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